Storia della Calabria
Toscana chiama Calabria
Come ha affermato nel 1883 lo storico francese F. Lenormant: "La Calabria offre un'infinità di meravigliosi spettacoli della natura, nonché uomini illustri che la resero grande nel mondo". Fra questi ultimi, ricordiamo l'abate e predicatore Gioacchino da Fiore, nato a Cèlico (Cosenza), un paese sulla via della Sila (1130-1136) e morto probabilmente nel 1202.La sua fama giunse fino a Dante. Nella "Divina Commedia", infatti, accanto ai beati francescani si annovera:
-
"il calavrese abate Giovacchino,
di spirito profetico dotato".
(Par. XII, 140-141)
Ben diversa è la posizione dell'arcivescovo Bartolomeo Pignatelli che, per ordine di Papa Clemente IV, infierì sul cadavere del re Manfredi - ucciso in battaglia presso Benevento nel 1266. Il corpo di quest'ultimo, infatti, giacente vicino al ponte sotto cui scorre il fiume Calore, venne estratto e gettato con una lugubre cerimonia notturna in terra sconsacrata sulle rive del Garigliano - in balìa della pioggia e del vento:
-
"Se il pastor di Cosenza, che alla caccia
di me fu messo per Clemente, allora
avesse in Dio ben letta questa faccia,
l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia della grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo il Verde,
dov'è le trasmutò a lume spento".
(Purg. III, 124-132)
Sia nel bene che nel male, la Calabria ha sempre varcato i
suoi angusti confini!
Come possiamo rilevare, Dante conosceva molto bene la nostra
Terra, anche se nessun biografo ci ha mai riferito di sue
peregrinazioni nell'estremo Meridione.
Carlo Martello nella "Divina Commedia", dopo aver espresso
al poeta la simpatia nutrita per lui, circoscrive la parte
d'Italia di cui sarebbe stato padrone se non fosse morto
anzitempo.
Così ricorda le mancate corone di Provenza, d'Ungheria, di
Sicilia e del Regno di Napoli,
- e quel corno d'Ausonia che s'imborga
di Bari, di Gaeta e di Catona
da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
(Par. VIII, 60-63)
(Quella parte estrema d'Italia che ha tra le sue città Bari,
Gaeta e Catona, e dalla quale sboccano nel mare il Tronto e
il Garigliano).
A Dante era noto che nella cittadina calabrese stette a
campo Carlo d'Angiò, padre del principe C. Martello, durante
l'assedio di Messina.
Anche nelle sue suggestive similitudini, Dante dimostra di
apprezzare la Calabria.
Gli avari e i prodighi - infatti - si battono da forsennati,
gli uni contro gli altri, come fanno le onde dello Stretto
di Messina frangendosi tra Scilla e Cariddi:
-
Come fa l'onda là sovra Cariddi,
che si frange con quella in cui s'intoppa,
così convien che qui la gente riddi.
(Inf. VII, 22-24)
Il Divino Poeta non cessa mai di stupirci!