Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


La nostra Piana

Cittanova

"E' la cara mia terra: un bel paese/ da le strade diritte larghe e piane,/ ove d'estate danno ombra cortese/e pioppi ed olmi e pergole nostrane" (V. Toscano).

Un po' di storia
La rivolta di Spartaco.
Il governo romano sotto Giulio Cesare stava attraversando un periodo di crisi per le ingenti spese belliche, allorquando nel 73 a.C. si verificò la rivolta degli schiavi. Settantaquattro gladiatori, capeggiati da Spartaco, dopo essersi impossessati delle armi destinate alle truppe regolari, si rifugiarono sulla sommità del Vesuvio. Da qui mobilitarono ad una velocità allarmante un gran numero di fuggiaschi e sfidarono le autorità.
Il pretore Gaio Claudio Glabro tentò di circondare i ribelli ma, dopo una serie di sconfitte, fu costretto a lasciarli padroni dell'Italia meridionale. Il crescente afflusso di reclute permise la formazione di due eserciti indipendenti, il primo affidato a Spartaco e l'altro a Crixus.
Spartaco avrebbe desiderato oltrepassare le Alpi e cercare la libertà in Gallia, ma nel frattempo il seguito dell'alleato si era abbandonato ad un'inconcludente politica di brigantaggio.
L'anno successivo il Senato Romano nominò due nuovi consoli e Crixus unitamente alle sue forze fu annientato. Spartaco - invece - dopo alcune vittorie, tornando dalla sua avanzata verso il nord e rinunciando alla conquista di Roma, mirava ad impadronirsi della Sicilia per la causa degli insorti. Intanto, si era ritirato tra i Bruttii.
A combatterlo ci pensò il Senato che diede al più grande latifondista romano Marco Licinio Crasso il potere di proconsole e il comando di dieci legioni.
Teatro di scontro con il gladiatore pare fosse stata una zona posta lungo la linea che congiunge Gioia Tauro e Locri, il Dossone della Melìa nell'Aspromonte.
Per confinare il nemico e farlo arrendere Crasso iniziò la costruzione di un muro lungo 60 Km attraverso la punta dell'Italia. La presenza di ruderi nella zona aspromontana potrebbe essere riconducibile all'imponente opera militare. Anche un pozzo nei piani dello Zòmaro è creazione romana.
I ribelli - comunque - riuscirono a spezzare le linee nemiche, tanto da spronare Crasso a sforzi più febbrili e fare spostare anche a Pompeo, appena rientrato dalla Spagna, il suo esercito a sud. Dopo vari scontri, a motivo del coinvolgimento nello scontento fra i compagni e l'annientamento degli insorti guidati da due colleghi, Spartaco si dovette ritirare. Nel tentativo, quindi, di raggiungere Brindisi e da lì varcare l'Adriatico venne sorpreso sul Sele e ucciso. Così, dopo sei mesi dalla nomina, Crasso poté assistere anche alla crocifissione di seimila prigionieri lungo la via Appia da Capua a Roma.
La nascita della città.
L'antico "Fondaco" della famiglia genovese dei Grimaldi di Gerace distrutto dal sisma del 1616, regnante Filippo III di Aragona, con il bando di edificazione del 12 agosto 1618 assunse il nome di "Nuovo Casale di Curtuladi".
Fu Girolamo Grimaldi, subentrato al governo del feudo, a far riunire i superstiti dei villaggi cancellati dal terremoto e creare in posizione strategica ai fini commerciali quel centro poi Casalnuovo.
Altri movimenti tellurici, purtroppo, ne ritardarono lo sviluppo. Il colpo finale fu inferto dal "Flagello" del 5 febbraio 1783 che causò oltre duemila vittime, compresa la bella principessa Maria Teresa Grimaldi che dalla morte di Girolamo con affetto di madre era alla guida delle nostre popolazioni.
Dopo una lenta e difficile ripresa, finalmente nel 1851 il sindaco Domenico Avati deliberò in Consiglio di chiedere al Re Ferdinando II di Borbone la trasformazione toponomastica di Casalnuovo in Cittanova in vigore dal 1° aprile 1852.

Leggende e curiosità
L'albero dell'ulivo.
Allorché Nostro Signore G. Cristo entrava in Gerusalemme accavalcato sopra un asino, tutto il popolo lo accompagnava portando in mano ramoscelli di ulivo e cantandogli osanna per indicare la pace ch'Egli doveva apportare ai popoli; e portando ancora rami di palma per indicare la vittoria ch'Egli doveva riportare sul paganesimo e sugli altri culti degli dei falsi e bugiardi.
G. Cristo, per lo più, si riconcentrava nell'orto degli ulivi, quando voleva darci esempio di pregare, detto di Getsèmani; e per darci ad intendere, che la solitudine è la vita della virtù e la morte dei vizi secondo quanto ci insegna S. Bernardo: Solitudo vita virtutis, mors vitiorum.
(Dall'appendice del "Vocabolario calabro-italiano" di Domenico De Cristo - Michele D'Auria - Napoli, 1895).

Detti e proverbi
"Quandu hiuri la bruvera, è venuta la primavera".
(Quando fiorisce l'erica è primavera).
"Amaru chidu aviri chi lu patruni no' lu vidi".
(Misero quel podere che il padrone non vede).
"Tantu mu dura la mala vicina, pe' quantu dura la nivi marzina".
(Possa tanto durare la mala vicina, quanto dura la neve di Marzo).
(Da: "La Calabria" - Rivista di letteratura popolare - del gennaio 1901).

Canti popolari
(L'uomo alla donna)
Si' facci di 'na rosa cilestina,
chi di li belli tu si' la suprana;
ti meritassi d'essari rigina,
'ncurunatedha a la palermitana.
Quantu luci 'nu capillu di 'ssa scrima,
pe' tantu luci la stilla Diana;
di òssa vuccuzza nesci medicina,
ch'a ogni malatu lu cori 'nci sana.

(La donna all'uomo)
Si' c'cciu di corallu lavuratu,
culonna chi s'appoja l'arma mia,
si' tuttu bellu e tuttu 'nzuccaratu,
bellu ti fici mammata pe' mia.
Di pìcciuli e di 'randi tu si' amatu,
finu a li petri d'ammenzu la via:
mo' chi ti viju accantu a mia assittatu,
ora sarà cuntenta l'arma mia.

(Dai "Canti popolari calabresi" per cura di Raffaele Lombardi Satriani).

Poeti e scrittori
Salve, o Calabria!
Mollemente adagiata tra i due mari
di zaffiro e cobalto, o mia Calabria,
incontro alla Sicana terra ardente
tra Sila ed Aspromonte verdeggianti
di opache selve che cantar gli antichi
ausoni aedi, giunta è la tua ora.

         Francesco De Cristo
(Estratto da "Calabria d'oggi" di Cittanova - n.1-2 del Gennaio-Febbraio 1954).
Pensieri vagabondi
Si è soli in tanti modi perché tante sono le solitudini:
I - Vi è quella dell'asceta: comunione libera, intima con un Dio personale e isolato.
II - Vi è quella del poeta: gioco di immagini spontanee, nuove, fuse dalla fantasia.
III - Quella del sognatore: groviglio di chimere, di impossibili grandezze,di baci indicibili, di amori puri senza traccia nel mondo.
IV - Quella del pensatore: creatrice del mondo e della libertà.
Ma tutte hanno un elemento comune, inconfondibile:
La povertà.
Si è poi poveri in tanti modi perché tante sono le povertà:
quella dell'ebete: stupefatta incomprensione dei valori della vita;
quella dell'asceta: rinunzia cosciente ma apparente perché essa cerca al di là della vita un'altra vita, ma sempre la vita;
quella del poeta: imprigionamento della vita nella fantasia;
quella del sognatore: mondo staccato di sentimenti liberi ed esaltati fino alla grandezza;
quella degli umili: credenza e paura di un mondo straordinario e grande;
quella infine del pazzo: maniera onesta di condurre la vita.
Ma tutte hanno un elemento comune e inconfondibile:
La solitudine.
         Enrico Marvasi di Corrado
(Da: "Calabria d'oggi" di Cittanova - n. 7 del Luglio 1952).

Il dialetto (dal Vocabolario di D. De Cristo)
Voci riguardanti animali, pesci e uccelli:
alicia - acciuga
arcera - beccaccia
arcignola - beccaccino
asturi - avvoltoio
batticuda - ballerina, cutrettola
carcarazza - gazza
ciavula - cornacchia
cocciulu - tellina
cocciulu pateda - conchiglia, guscio
crapiu - capriolo
cristarellu e farcuni - falco, falcone
cuccu - cucco, cucolo
cucugghiata o cucciarda - allodola, lodola
dormituri - lumaca, chiocciola
duccu - gufo reale
farvetta - beccafico
gadina - gallina
goleo - gufo
jumenta - giumenta
lindaneda - rondinella
marvizza - tordo
nannata - avannotto
nia - tacchino
palamitu - palamita
papara - oca
perciasipali - forasiepe, scricciolo
pipituni - upupa, bùbbola
pruppu - polpo
puditru - puledro
rapinu - sparviero
scropiu - gufo
siccia - seppia
spatu - spada
spingiuni - fringuello, pincione
stacca - cavalla
strumbu - sgombro
testanigra - capinera
voi - bue
vopa - boga
vurpi - volpe

Voci varie (Dal Vocabolario di De Cristo):
a panza 'nterra - bocconi, all'ingiù
abbuzzarsi - carpare, piegare, curvare, abbassare le spalle
accia - sèdano
azzidari - spruzzare
biveri - guazzatoio
bricciu - ciottolo
cafuni - uomo ruvido e intrattabile; avvallamento
cannatuni - caratello
crivu - buratto
darrupu - discosceso, dirupo
ferlazza - ferula, graticcia
fraccomutu - difficile a prestarsi; adagiato
gravigghia - graticola
landa - latta
mbuzzunari ad unu - dare affanno, collera
mbuzzunarsi di dispiacere - addolorarsi; indispettirsi
ngruppari - annodare; far nodo nella gola
pannizzi dei bambini - pannolini
pannizzi di neve - fiocchi
puliciari - torcersi, contorcersi
russaina - rosolia, morbillo
scifulari - sdrucciolare, scivolare
sdarrupu - precipizio
sirinu - brina, rugiada
tocca - battola, raganella
varda - borda, basto
zimba - pulciaio; porcile
zimmaru - caprone, becco

(L'argomento è stato trattato da D. Caruso nelle riviste "La Piana" - Anno IV n. 1 Gennaio 2005 e "Calabria Letteraria - Anno LIV n. 1/3 Gennaio/Marzo 2006).

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