Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


La nostra Piana

Almanacco di Maggio

La ricerca di sapienza a conforto della mente, bisognosa di comprensione e di verità, mi porta a considerare i beni della vita apprezzati fin dalla giovane età: la bellezza, l'amore e la speranza. Così, anche nella via squallida e angusta sono sufficienti un vaso di rose, il canto di una mamma per la sua creatura ed un piccino dai grandi occhi splendenti a creare un'autentica letizia. E' quanto osserva il poeta Diego Valeri:
I proverbi e i mesi:
Maggio: dal latino Maius (mensis), un dio grande da identificarsi probabilmente con Giove o da Maiores, in onore dei senatori, costituiva il terzo mese dell'anno. I Romani l'avevano dedicato a Maia, madre di Mercurio e simbolo della Terra, mentre il mondo cristiano l'ha consacrato alla Santa Vergine. In questo periodo il contadino è impegnato a dissodare il terreno (majsi, maggese) e liberarlo dalla vigorosa vegetazione spontanea.
Dal 1889 il 1° maggio (riconosciuto legalmente in Italia il 30 aprile 1947) segna la festa dei lavoratori.

Detti e proverbi:
A màju no' 'ccattari sumeri e a Pasca no' pigghjari mugghjeri. (A maggio non comprare asini ed a Pasqua non pigliare moglie: sia i primi che le altre non appaiono genuini).
A màju no' mutari saju. A maggio non è il momento di alleggerire i vestiti, o meglio: A màju jetta 'u sàju, ma prima vidi comu vàju. (Muta gli indumenti soltanto se il tempo si presenta favorevole). Ed ancora: A màju, comu vàju vàju. (A maggio vesto a piacimento).
Esseri comu n'acqua 'i maju. (Essere provvidenziale come l'acqua di maggio). Specialmente ai pastori e ai massari, l'acqua risulta utile perché fa crescere gli erbaggi per nutrire gli animali: L'acqua di màju arricchi 'u massaru. In contraddizione, un altro detto sostiene: Màju ortolanu, assai pàgghja e pocu granu. (Se maggio è piovoso, cioè ortolano, arreca danno al frumento). Pe' màju 'a cipuda è grossa e 'a sarda grassa. (Le cipolle di Tropea a maggio sono già mature e le sarde abbastanza grasse).
Longu comu 'u misi 'i màju. (Lungo quanto maggio. A parte, riporto il racconto popolare).

Ricorrenze storiche:
Una pagina calabrese del Risorgimento.
Nel 1848 si combatté la prima guerra d'indipendenza italiana che sul piano militare si concluse con la disfatta di Novara (23 marzo 1849). Il 4 maggio un corpo di spedizione napoletano, al comando del generale Guglielmo Pepe, si mise in marcia per unirsi all'esercito piemontese; il 13 maggio un gruppo di volontari toscani e partenopei furono sconfitti a Curtatone e Montanara; il 15 dello stesso mese nella controrivoluzione di Napoli numerosi liberali furono trucidati dal popolo istigato dal re Ferdinando II.
Anche in Calabria si partecipò alla causa comune. Ad esempio, «Cittanova diede Domenico Muratori ed altri molti giovani intrepidi che sé stessi e le loro sostanze consacrarono alla libertà nazionale», ha scritto A. Zito de Leonardis.
«Il governo costituzionale del 1848 per i nostri luoghi fu come un giorno tempestoso in cui, per vento improvviso, si squarciano ad un tratto le nubi che coprono il cielo ed all'apparire dei raggi del sospirato astro benefico, si fa vedere un'iride che sembra nunzia di bel tempo e di pace, ma invece è foriera a disastrosa procella. [...] Il 15 maggio 1848 resterà famoso nella storia nostra quanto il 5 febbraio 1783 per il Flagello ed il 28 dicembre 1908 per il triste fatto di Reggio e di Messina. Quando in Napoli i campioni della Libertà erigevano le memorabili barricate, anche qui Cittanova concorse con suoi arditi giovani ascritti alla Guardia Nazionale, cioè Diomede Marvasi, Giuseppe Fida e Girolamo Bombino. [...] Compirono tutti e tre atti di ardire e di coraggio in difesa delle barricate che nel giorno innanzi e nella notte, avevano anch'essi alacremente costruito con carri, carrozze, mobili ed altro materiale». (Da: V. De Cristo, Cittanova memorie e glorie - Ed. MIT Cosenza, 1974).
I tre liberali, dopo una strenua lotta, sopraffatti dalle forze nemiche, sebbene feriti riuscirono a mettersi in salvo.

Feste religiose:
Maggio - Ad Amato di Taurianova: Madonna Immacolata; 1/2/3 maggio - A Terranova Sappo Minulio: Crocifisso nero; 3 maggio - A Palmi: Crocefisso; 1^ domenica - A Sitizano di Cosoleto: Madonna del Carmine (solo religiosa); 2^ domenica - A Cinquefrondi: San Michele Arcangelo, patrono; 17 maggio e domenica successiva - A Bellantone di Laureana: San Pasquale Baylon; 22 maggio - Ad Oppido Mamertina: Santa Rita (soltanto religiosa); 24 maggio - A S. Eufemia d'Aspromonte: Maria Ausiliatrice; ultima domenica (e 19 marzo) - A Molochio: San Giuseppe (festa di piazza; a marzo solo religiosa); 30 maggio - A S. Ferdinando: San Ferdinando, patrono.

Manifestazioni:
1° maggio - Rosarno: Festa dei lavoratori.

Personaggi (nascita e morte):
7 maggio 1858/24 genn. 1911 - Rosarno: Francesco Pagani.
15 maggio 1883/29 genn. 1938 - Serrata: Antonino D'Agostino.
15 maggio 1930 - Sinopoli: morte di Francesco Licastro (nato nel 1846).
22 maggio 1920/1987 - Serrata: Vincenzo Montorro.
23 maggio 1902/1977 - Palmi: Felice Battaglia.
25 maggio 1910/1961 - Melicuccà: Lorenzo Calogero.

Tradizione e folklore:
Il SS. Crocifisso di Terranova Sappo Minulio.
Il 3 maggio una moltitudine di fedeli si ritrova nell'omonimo Santuario del SS. Crocifisso di Terranova in segno di riconoscimento per le grazie ricevute e per un impellente bisogno interiore. Gli eventi straordinari che si tramandano sono noti. Scrive nel Profilo storico dell'antica Terranova - (Roma 1983) - Mons. Giuseppe Larosa: «In quale epoca il bel volto del Salvatore abbia incominciato a vegliare sulle vicende ora liete ora tristi del nostro popolo, noi non lo sappiamo. E' da supporre che il Santo Simulacro, splendente di luce miracolosa agli inizi del Cinquecento, quando portato processionalmente a Palmi fu visto stillare sangue, il 20 luglio 1533, all'incontro con l'immagine della Vergine, venerata col titolo di Madonna del Soccorso, fosse già al centro, da tempo, della devozione e dell'amore riverente delle comunità della Piana».
E Raffaele Germanò così precisa nella sua pubblicazione SS. Crocifisso che si venera in Terranova S. M. - (Tip. Formica - Taurianova, 1995): «Nel secolo XV quando i Saraceni infestavano, tra le altre contrade del Mezzogiorno, la Calabria, proprio in questo paese di Terranova avveniva un fatto inaudito. Siffatti nemici di Cristo, avendo saputo che presso la Porta del Vento sorgeva un tempio detto la Giudecca dove una miracolosa immagine del SS. Crocifisso veniva onorata con grande devozione..., giurarono di disfarsene. Era d'inverno e gli acquazzoni del libeccio si alternavano sempre più frequenti... Tutto era avvolto nel cupo terrore dell'ansia e dell'oscurità profonda. Un manipolo di Saraceni, sfondata la porta della sacrestia, entrava nell'abside della chiesa...ed accendeva le torce per meglio vedere. E là, sul sacro altare...era il SS. Crocifisso. Una voce rauca, tra lo sdegno e la gioia, si udì in quel divino silenzio: - Ecco il miracoloso Crocifisso! - Due degli uomini più robusti lo presero...e lo portarono fuori le mura della chiesa a circa cento passi, seguiti da tutto il manipolo.
- Plasmatelo di pece, - ordinò il capo... - date il fuoco e le fiamme lo salveranno per sempre! - Così fecero. Una rossa fiamma, come di sangue, illuminò quel luogo, mentre i sacrileghi presi di spavento si diedero a precipitosa fuga per l'improvvisa forte scossa di terremoto avvenuta verso le ore 21 del 27 Marzo 1638. Era trascorso parecchio tempo dal triste episodio, quando alcuni contadini notarono dei lumi accesi laddove si celava la Croce. Informate le autorità civili e religiose, tutti insieme - accompagnati dal popolo osannante - si recarono sul posto e trassero intatta dalla vegetazione selvaggia la Nera Immagine di Cristo. Nel luogo fu poi edificata una splendida chiesa, che chiamarono della Giudecca, distrutta dal catastrofico sisma del 5 febbraio 1783. La Croce, rimasta miracolosamente illesa, venne prelevata e posta nella Chiesa delle Grazie. Come se ciò non bastasse, una piccola vena d'acqua, che in epoche diverse ha rivelato le sue virtù terapeutiche, è scaturita nel sito del ritrovamento».

La favola:
Cumpari Màju Longu.
Alle insistenti richieste della moglie, il marito rispondeva che avrebbero consumato i capicodi e supprezzati quandu veni cumpari Màju Longu. Ma un giorno che lui si trovava in campagna, giunse in paese un venditore di pentole (pignataru) che portava appunto quel nome.
Per tale motivo, la donna invitò lo sconosciuto a casa sua a prelevare i salumi: "Cumpari meu, cogghjtivilli tutti, cà avi tantu tempu chi no' 'ndi mangiamu apposta pe' vui!". Fu così che il forestiero raccolse tutto quel bene di Dio in un sacco, lasciando in cambio le pentole.
Rientrato il capofamiglia, nell'apprendere l'accaduto montò su tutte le furie, poi disse alla moglie: "Serra 'a porta e veni 'cchjcami ca jeu vàju mu l'arrivu".
Allora lei chiamò un falegname, si fece segare metà della porta che si caricò sulle spalle ed andò a raggiungere il coniuge. Essendo stato frainteso, questi si arrabbiò molto, ma essendo tardi salì in un albero a riposare. La consorte lo seguì tirandosi anche la porta che tratteneva a stento.
A mezzanotte ai piedi dell'albero giunsero i ladri e sedettero per cuocere un maiale e contare del danaro. La donna, non potendone più, lasciò cadere la porta ed i ladri per lo spavento scapparono via abbandonando ogni cosa.
All'indomani i due raccolsero il danaro divenendo ricchi. Il marito disse quindi alla moglie: "Quandu vidi supprezzati e capicodi, dancilli sempri a cumpari Màju Longu, accussì 'ndi facimu cchjù ricchi!".
(Trad. ed adatt. da: Raffaele Lombardi Satriani, Racconti popolari calabresi - vol. IV - Ed. G. Brenner CS, 1963).

E per finire:
Il 4 maggio 1997, in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II ha proceduto alla solenne proclamazione di Beatificazione di Padre Gaetano Catanoso (canonizzato il 23 ottobre 2005 da Papa Benedetto XVI), fondatore delle Suore Veroniche del Volto Santo. Avendo io ricevuto da queste ultime, a S. Martino di Taurianova, la prima educazione religiosa, intendo ricordare il senso dell'humour del parroco reggino per mezzo delle riflessioni di Mons. Aurelio Sorrentino: «L'uomo di oggi apparentemente pare che goda di piena felicità. Ride dinanzi agli spettacoli televisivi, spesso di pessimo gusto. Ma il suo sorriso è una maschera per stordirsi e illudersi. Il cristiano ha dentro di sé il segreto della gioia: Cristo è venuto per portarci la gioia, perché la nostra gioia sia piena. Nietzske soleva dire dei cristiani: Bisognerebbe che mi cantassero qualche canto migliore, perché io potessi credere al loro Salvatore. Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un'aria più di salvati. Forse sarebbe bene che preti e laici recitassero spesso la preghiera di Tommaso Moro e meditassero sull'Esortazione di Paolo VI: Gaudete in Domino (16-5-1975)». (Da: Il Tuo volto, Signore, io cerco - Padre Gaetano Catanoso, Laruffa Ed. - RC, 1996).

(L'argomento è stato trattato da Domenico Caruso nella rivista "La Piana" - Anno V n. 5 - Maggio 2006).

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