Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


Folklore calabrese

"Sorella Morte, non mi fai paura!"

Ancora oggi, nonostante le radicali trasformazioni sociali dovute al progresso scientifico, la morte costituisce per tutti un motivo di profondo turbamento.
"Il timore della morte perseguita l'uomo. La morte è inammissibile, inaccettabile. Essere per finire, nascere per morire, ecco l'assurdo. L'avverti come una violenza fatta alla tua natura, l'insopportabile torto fatto alla tua esistenza". (G. Albanese: "Così disse Gesù" - Cittadella ed., 1985).
E mentre si vanno attenuando le usanze tramandateci dall'antichità classica, come il lamento delle prefiche e la purificazione dai cadaveri - che i Greci hanno eternato persino col teatro - un sentimento di accorato dolore, seguito da una cristiana rassegnazione, pervade anche l'animo della nostra gente quando Atrapo decide di tagliare impietosamente lo stame di chi ci è caro.
E' vero che in molte abitazioni calabresi - al momento del decesso di un congiunto - si spostano i mobili e si coprono gli specchi, come pure vengono disposti nella bara gli effetti personali dell'estinto e si praticano alcuni giorni di lutto, ma si è lontani ormai dallo strepito finale e dal divellersi i capelli da parte delle donne.
"Anche i più potenti diventano stracci di fronte alla morte, e i più orgogliosi e sapienti son caduti in ginocchio dinanzi a questo rivale onnipotente che falcia tutti senza pietà. Tutti tranne uno, Cristo, che la storia riconosce come unico e definitivo vincitore. Anche Lui si spense e fu sepolto, ma il suo sepolcro divenne la più grande beffa alla morte. Quel sepolcro non fu la fine di Cristo, ma la sua seconda culla". (G. Albanese, op. citata).
Per il credente il problema della morte coincide con quello della vita e dell'immortalità, presente fin dalle origini della storia del pensiero umano.
Il tempo corrompe la parte fisica di una persona, ma non si può affermare altrettanto dell'anima che incomincia la sua vera esistenza dopo la morte.
L'Apostolo Paolo ribadisce: "Se infatti non si dà risurrezione di morti, neanche Cristo è risorto: e se Cristo non è risorto, è inutile la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati". (I Cor XV, 16-17).
Come riscontriamo in diverse culture, il senso religioso dei nostri avi è in stretto rapporto con la venerazione dei Defunti. Anzi, questo collegamento ha favorito il diffondersi del Cristianesimo specialmente fra le classi più umili.
Nelle varie Parrocchie possiamo verificare il solido legame spirituale che unisce i vivi ai Defunti. Ecco quindi all'ingresso di molte chiese della nostra Regione un calendario che ci rammenta a quale fedele estinto è raccomandata la Messa del giorno.
Il dogma della Comunione dei Santi, esaltato dalla Liturgia ecclesiastica, non si esaurisce nell'aspetto formale, ma rafforza la personalità del credente.
E' nella carità intesa ad alleviare le pene del Purgatorio ai cari estinti; nella partecipazione al dolore del prossimo per acquisire meriti personali all'altra vita; nelle visite agli infermi e ai cimiteri che il mistero della Morte ed i valori riacquistano il loro significato.
A prima vista sembra che nella nostra società secolarizzata non ci sia posto per lo spirito. Ma è proprio l'insoddisfazione del progresso solo materiale a spingere verso l'ignoto. Se non diamo un senso pratico alla nostra fede, se non miriamo alla resurrezione dell'anima come fine estremo, potremo divenire vittime dello scoraggiamento o facile preda di maghi ciarlatani e di pericolose sètte.
Cerchiamo, allora, di chiarire l'evento morte, non inteso come fine della vita, ma come il "vere dies natalis" dell'uomo.
La curva biologica esteriore di ciascuno di noi va decrescendo costantemente fino ad esaurirsi; quella personale, al contrario, prosegue nella sua ascesa all'infinito. Quello che contano non sono i titoli acquisiti o i fallimenti, la cultura o la ricchezza, ma l'apertura di sempre più vasti orizzonti che - nell'incontro delle due curve esistenziali - dà luogo alla vera vita umana.
Ciò è sottolineato da S. Paolo nella Bibbia: "Se anche il nostro uomo esteriore cade in sfacelo, il nostro uomo interiore si rinnovella di giorno in giorno".
(II Cor IV, 16). La pienezza terrena si realizza in vista della morte; nella radiosa emergenza della crisalide dal bozzolo si esalta l'ultima fase della metamorfosi, il fine degli uomini: "nati a formar l'angelica farfalla". (Dante).
Anche dal punto di vista parapsicologico la morte, come comunemente s'intende, non esiste. Finché siamo sul nostro pianeta percepiamo soltanto quello che cade sotto i nostri sensi, pur vivendo fra tante cose non materiali.
E' noto come, durante il sonno, scopriamo momentaneamente quel mondo invisibile che somiglia tanto alla morte.
Al sopraggiungere di quest'ultima, che l'Anima richiederà con sua espressa volontà al termine dell'esperienza terrena, si spezzerà il filo d'argento che teneva uniti Spirito e corpo. Non dobbiamo dimenticare la nostra origine divina: essendo figli del Creatore, ognuno di noi è immortale. Come è avvenuto per la farfalla, muteremo solo l'involucro esterno, percorrendo diversi stati, dopo quello fisico: l'etereo, l'astrale e il mentale.
Nell'Aldilà, quindi, avremo un primo stato di sogno, di qualche giorno, durante il quale verrà chiaramente rivissuto - come in un film - il nostro passato.
Il pensiero ci accompagnerà nell'Oltre e la sua attività sarà sorprendente.
Per avere un'idea della Morte facciamo riferimento a due esperienze che la parapsicologia studia attentamente da lungo tempo. Intendiamo parlare delle testimonianze di chi, salvato in extremis, ricorda le emozioni provate durante il coma profondo ed alle descrizioni che i Defunti ci hanno fornito tramite i medium. Nel primo esempio i dati raccolti dagli specialisti sono concordi con quelli dei fenomeni "OOBE" (Out Of the Body Esperience, cioè esperienze fuori dal corpo); nell'altro lo spirito dei presunti Trapassati ci riporta fedelmente le fasi della condizione post-mortem. In entrambi i casi apprendiamo che, ad evitare spiacevoli sensazioni subito dopo il decesso intervengono i cari Defunti e la Guida Spirituale di ciascuno di noi. Chi giunge preparato alla sopravvivenza potrà procedere speditamente nel suo cammino.
Così Dante esprime la soddisfazione nel suo poema medianico "Dalla Terra al Cielo", appena viene a conoscenza che gli amati avi attendevano il suo arrivo:
Più lungo si rivela il successivo "letargo" o "sonno riparatore", che permette ai Trapassati d'iniziare a pieno la vita spirituale.
Anche se non presenti fisicamente, i nostri cari si sentono ancora vicini all'ambiente familiare che hanno lasciato e percepiscono in noi soltanto il corpo astrale. Tutti sappiamo, infatti, come durante il sonno ci sia consentito il loro incontro. Pertanto, abbandonare la Terra è un modo errato di definire l'azione dei Defunti. Essi, invece, potranno leggere il nostro pensiero e soffriranno nel vederci tristi. La Morte non ha mutato i sentimenti dei cari estinti che hanno la facoltà di scegliersi un aspetto più giovanile. Infine, vi è il risveglio nel "mondo mentale", di maggiori capacità, che culmina con il conseguimento del "Corpo Causale", vera dimora dello Spirito.
Come afferma sul n. 425 (maggio 1996) del periodico "L'Aurora" la studiosa di fenomeni supernormali Mirella Giurco (dalla cui ricerca abbiamo tracciato le fasi dell'Aldilà): "Quando la vita, ad uno ad uno, mi ha tolto tutti i miei cari, costringendomi a continuare questo cammino terreno da sola, le mie conoscenze hanno contribuito moltissimo a rendere meno pesante l'oppressione del dolore per la loro perdita fisica. E la serenità interiore ha preso il posto della disperazione. La certezza che la vita non muore mai e che la morte non esiste ha scacciato da me ogni umano dolore". Il nostro scopo essenziale non è, forse, quello di tergere qualche lacrima ed invitare alla serenità chi s'è vista piombare l'ala impietosa della Morte sul capo dei propri cari?
Questo stesso motivo induce numerose persone a riunirsi per uscire dallo stato di scoraggiamento provocato dalla perdita degli amati congiunti.
E' noto, a proposito, il "Movimento della Speranza", al suo 15° anno di attività, che ha come animatore il dr. Mario Mancigotti, autore - fra l'altro - delle apprezzate opere "Oltre il tunnel" e "Carezze di Dio".
"Noi non evochiamo i nostri cari defunti", sostiene l'amico Mancigotti, "ma sono essi, angeli nella Luce infinita di Dio, a venire a noi nello spirito della Comunione dei Santi, per medicare le nostre ferite sanguinanti, per dirci che sono più vivi che mai, che sono ancora e sempre accanto a noi. Ci confermano che davvero l'Aldilà esiste". ("Gente mese" n. 5 - maggio 1993). Fede ed esperienze paranormali possono, finalmente, convivere pacificamente per meglio comprendere la Morte.
Nel Suo testamento spirituale, il discorso della montagna, Gesù rivela in modo perentorio: "Beati i puri di cuore: essi vedranno Dio". (Mt V, 8).
I malvagi, i superbi, i sensuali, gli egoisti hanno i loro idoli e rimangono estranei a Dio. La Fede dei nostri avi, invece, si presentava autentica; la vita si svolgeva con semplicità; i valori erano sacrosanti. Tale condizione favoriva il colloquio coi Defunti, come dalle testimonianze da noi raccolte.
Scrive G. B. Marzano: "Crede il volgo che, dopo la mezzanotte del Lunedì e Venerdì di ogni settimana, i Morti, scoperchiate le tombe, escano in processione per le strade del paese, volgendo sempre la faccia al tramonto della luna, salmodiando l'ufficio dei defunti, e tenendo, invece di candela, il pollice acceso. Guai a chi l'incontra! Nondimeno, s'accompagnano con essi alcune donne vive del paese, le quali, a buon diritto può dirsi, siano nelle buone grazie dei Morti, poiché questi se ne servono per mandare ambasciate e saluti ai loro cari viventi…". ("La Calabria" - Rivista di Letteratura Popolare - Anno II n. 4 - Monteleone, 15 Dicembre 1889).
Gli antichi erano convinti che i Trapassati si manifestassero ai vivi per consigliarli al bene e qualche volta, perché no, rivendicare un torto subìto.
Per i nostri antenati non era immaginabile la cattiveria odierna!
I medium meritevoli potevano unirsi il Venerdì al corteo dei Defunti, segnalato di preferenza agli incroci delle vie e che ogni altro avrebbe dovuto evitare per non venire spiritato.
Ma gli stessi Morti, di solito, salvaguardavano i malcapitati disorientandoli.
Si racconta che in una località vicina al nostro paese S. Martino di Taurianova, non molto tempo fa viveva una pia donna col dono della bilocazione e in contatto con l'Aldilà. Con un mese d'anticipo la vecchietta incontrava lo spirito dei conoscenti che sarebbero deceduti. Per suo tramite i Morti inviavano notizie e consigli ai loro familiari, richiedevano Messe in suffragio e opere di carità.
Una defunta, addirittura, una volta si fece mandare gli occhiali da un concittadino che da lì a poco l'avrebbe raggiunta.
La donna stessa una notte si era recata ad attingere acqua presso una fontanella del paese. Era buio pesto e si svolgeva la processione dei Morti col pollice acceso come una candela. Uno di questi, avvicinandosi alla vecchietta, offrì il suo pollice perché le facesse luce fino al rientro a casa.
Il Venerdì successivo, nella notte, la donna sentì bussare alla porta: il disincarnato reclamava la restituzione del dito, senza il quale non avrebbe potuto partecipare al corteo con i compagni.
Riferisce, ancora, il Marzano: "Dov'è stato ammazzato qualcuno si crede che per più tempo apparisca lo spirito ("spirdu"), e che vi si mostri sotto varie sembianze. Si ha, poi, una paura matta dell'influenza di questi spiriti, e però ognuno schiva di passare dai luoghi ove avvennero uccisioni ed assassinii, per paura di poterne restare spiritato". ("La Calabria" - Rivista citata - Anno II n.4 del 15 Dic. 1889).
Per i Greci spesso i Morti facevano ritorno dal sepolcro perché in vita avevano trascurato di compiere qualche azione o perché si era omessa una parte del loro rito funebre. Poetica ed esemplare è veramente la storia di Eucrate.
"Questi aveva perduto la moglie adorata, e gli abiti e gli ornamenti di lei erano stati bruciati sul rogo insieme con le spoglie mortali. Sette giorni dopo, mentre il vedovo s'era immerso nella lettura del Fedone di Platone per dimenticare almeno momentaneamente il suo dolore, ella entrò e si sedette accanto a lui, lamentandosi che uno dei suoi sandali dorati non fosse stato bruciato, perché era caduto da parte e s'era sottratto alle fiamme. D'improvviso il cane Melito latrò, ed ella svanì. Il sandalo ritrovato fu arso, e l'estinta non si vide mai più". (K. Seligmann: "Lo specchio della magia". Casini - Roma).
Al periodo greco risalgono anche molti usi del nostro popolo, come il canto delle Prefiche. Omero nell' "Iliade" così descrive l'atroce spettacolo del cocchio di Achille che trascina il corpo di Ettore:
La Morte non è limitata al mondo classico, ma è presente in tutte le culture, ed in modo particolare fra i popoli che vivono in intimità con tale evento, come nell'America del Sud. Non sorprende, perciò, se nel Messico il giorno dei Defunti è grande festa popolare.
Anche l'atteggiamento dei filosofi nei confronti della Morte è diametralmente opposto a quello degli altri uomini. Il cammino che conduce alla saggezza è legato alla rassegnazione della fine: "Filosofare è imparare a morire". (Montaigne). Per la grande saggezza indiana, infine, non possiamo presentarci alla Morte con le mani vuote di meriti guadagnati con il nostro duro lavoro:

Bibliografia (in aggiunta alle opere citate): L. Boff - "Vita oltre la morte" - Cittadella Ed. - Assisi.
Domenico Caruso - "Storia e folklore calabrese" - Centro Studi "S. Martino".

L'argomento del presente servizio è stato ampiamente trattato da Domenico Caruso in diverse riviste culturali, nonché nel libro: "S. MARTINO: un paese e un Santo & Il miglior folk calabrese" - (v. "L'autore" - Opere principali).
Fra le riviste culturali (v. "L'autore" - Collaborazioni), segnaliamo:
"Calabria sconosciuta" di Reggio Calabria - (Anno XX - n. 76 - Ottobre/Dicembre 1997).
"Storicittà" di Lamezia Terme - (Anno V n.52 - Sett. 1996; n.54 - Nov. 1996 e n. 55 - Dic. 1996).
"Arianova metropolipiana" di Taurianova - (Ott. 1996; Genn./Febbr. 1997 e Marzo 1997).

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